LA RAZZA MALEDETTA

OSSERVAZIONI DEL Dr. NAPOLEONE COLAJANNI deputato al Parlamento.

Un «romanzo antropologico», così Napoleone Colajanni definì le pseudoscientifiche teorie razziali del Niceforo, sostenitore della inferiorità antropologica degli abitanti del Meridione rispetto a quelli del Settentrione. Sembrava un dibattito fosse stato definitivamente sepolto nel dimenticatoio della storia, invece Richard Lynn, professore emerito di psicologia all’Università dell’Ulster (Regno Unito), lo ha ripescato. Basandosi su semplici correlazioni, ad esempio i risultati delle indagini INVALSI sui diversi livelli di apprendimento fra ragazzi de Sud e ragazzi del Nord, il professore ha sostenuto che il quoziente intellettivo fosse legato alla latitudine: più si va a sud e più esso scema. Qualunque studentello di statistica sa che non basta un legame fra due variabili per affermare esista un nesso di causalità.  Nella razza maledetta si dimostra con ragionamenti semplici (non sempre son necessarie complesse dimostrazioni scientifiche per confutare delle tesi) quanto siano insostenibili le tesi del Niceforo.  Il «dogmatismo meccanicistico» di quest’ultimo e la sua rigida concezione deterministica lo portavano a considerare il delinquente come un tipo antropologico – la cui natura era la causa dei comportamenti delinquenziali – e ad escludere l’influenza che i fattori socio-economici potevano avere nella genesi dei fenomeni stessi. Queste razze inferiori, che si dovevano distruggere senza rimpianto nell’interesse della civiltà. I progressi dell’antropologia e della sociologia adesso hanno portato le ricerche in Europa dove si sono riscontrate razze inferiori, di cui — sempre nell’interesse delle civiltà ed anche della moralità! — bisogna augurarsi la pronta scomparsa — che all’uopo si può artificialmente procurare. Il Lapouge è il rappresentante più geniale e più logico di questi antroposociologi, che per vedere progredire e migliorare l’umanità vorrebbero distrurne almeno una buona metà. In Italia, però, c’è tutta una scuola rinomata — quella del Lombroso — che, se fosse logica e non fosse impeciata di opportunismo, dovrebbe arrivare alle identiche conclusioni cui pervenne l’autore delle Selections sociales.   Il Lombroso, infatti, in numerose e ben note pubblicazioni, ha sostenuto sempre, che l’alta delinquenza di alcuni paesi, specialmente di alcune regioni dell’Italia, devesi all’influenza di un fattore irriducibile: la razza. Al Lombroso, in questo si uniscono incondizionatamente gli altri due triumviri della scuola antropologico-criminale, Ferri e Garofalo. I discepoli di questa scuola si sono creduti nel dovere di esagerare gli insegnamenti dei maestri; forse non senza compiacimento degli ultimi, cui talora mancò il coraggio delle conclusioni radicali. Sul libro del Sig. Alfredo Niceforo: La delinquenza in Sardegna (Palermo, Remo Sandron 1897) — il Niceforo è il lombrosiano ultimo venuto — si potrebbe passar sopra se si dovesse tener conto soltanto del suo valore scientifico: ma il rumore intorno al medesimo sollevato con rara abilità e con vera solidarietà dai compagni di scuola, consiglia altrimenti; e impone altresì un diligente esame il fatto che il Ferri al libro ha aggiunto una prefazione, nella quale lo presenta come uno dei saggi più completi di sociologia criminale. Combattendo il Niceforo, dunque, si combatte il Ferri e tutta la sua scuola in una delle quistioni più discusse e che ha grande importanza scientifica e pratica. Il Prof. Lombroso con un articolo nel Corriere della Sera (Razze e criminalità in Italia, N° 297 dell’anno 1897) è venuto in aiuto del Niceforo. Questa è la migliore prova che il Niceforo rispecchia su questa questione della razza precisamente il pensiero della scuola di antropologia criminale, col rigore scientifico dello statistico ed è riuscito a darci una calunniosa requisitoria che va a colpire non una piccola zona della Sardegna, ma una buona metà dell’Italia. Egli ha trovato anzitutto che l’intera Sardegna ha un suo reato speciale e territoriale, che la caratterizza: la grassazione. Ogni suo circondario, ogni sua zona ha poi la sua specialità: in Alghero, ad esempio, prevale il furto e vi è, piaga immedicabile, la corruzione femminile; a Bosa — limitrofa di Alghero — prevalgono le ingiurie e le diffamazioni…. perché nelle vene dei suoi abitanti scorre molto sangue vanitoso spagnuolo; nel Nuorese spesseggiano furto e danneggiamento. Il Nuorese e l’Alta Ogliastra con l’appendice di Villacidro costituiscono la zona delinquente per antonomasia. In contrapposto a questa zona delinquente sta la Gallura, ch’è la parte moralmente più sana della Sardegna.

Le conclusioni dell’esame statistico, egli afferma, sono chiare e semplici: 1° ogni territorio della Sardegna hai una forma sua particolare, caratteristica di criminalità; 2° c’è una specie di plaga moralmente ammalata, che ha per carattere suo speciale la rapina, il furto, il danneggiamento. Da questa zona delinquente partono numerosi bacteri patogeni a portare nelle altre regioni il sangue e la strage. L’autore non lo dice esplicitamente, ma lascia capire che in ogni abitante della zona delinquente si può scorgere un candidato all’assassinio. Il sospetto viene corroborato da quanto scrisse il sig. Paolo Orano, suo compagno di scuola e di viaggio in Sardegna; il quale Orano con certe sue lenti d’ingrandimento scoprì cinquanta delitti . Stabiliti i fatti, il Niceforo, risale alle cause. E causa causarum di tanto male è il temperamento regionale del popolo sardo in generale e della zona delinquente in particolare, ch’è tra i fattori predisponenti ad alcune forme criminose, ed in ispecial modo all’omicidio e al danneggiamento pur non potendosi stabilire quale forza esso fattore raggiunga nella genesi di simile forma di delinquenza.

Non c’è imbarazzo alcuno per ispiegare le varietà criminose dei circondari e dei mandamenti. Sappiamo già che gli spagnuoli sono responsabili delle diffamazioni e delle ingiurie di Bosa; con un pizzico di altri popoli si spiega il resto. «Le forme speciali di delinquenza corrispondono alla grande differenza antropologica della popolazione, scrive il Niceforo. Iberi, Grecia Trojani, Baleari, Corsi, Etruschi, Cartaginesi, Romani, Vandali, Saraceni, Pisani, Genovesi, Spagnuoli e poi….i Piemontesi» lasciarono rappresentanti in Sardegna. E quasi a conferma di tutto ciò aggiunge che nella Gallura — la zona, relativamente, dei galantuomini — la razza è diversissima: «occhi azzurri vi guardano e belle fanciulle dai capelli biondi vi passano accanto; ivi trovate tipi perfettamente celti» (!)

Questa grande differenza antropologica, che si può già intravedere dalla conoscenza delle vicende storiche dell’isola viene confermata dalla craniologia. Il Niceforo, seguendo il Sergi e il Meigs, ritiene che la forma del cranio come quella che si trasmette ereditariamente e inalterabilmente da padre in figlio somministri il criterio migliore per giudicare delle razze viventi in un paese; e trova che dallo studio dei crani sardi può risultare ancora meglio la grande e continua sovrapposizione delle razze in Sardegna».

Il Niceforo, non si è limitato ad accettare i risultati scientifici delle lunghe e diligenti ricerche del Sergi; ha studiato per conto proprio i crani ed altri dati antropologici dei Sardi ed ha scoverto qualche cosa, che forse era sfuggita all’illustre professore di Roma. «Nel delinquente nativo di Orgosolo «riscontrò stigmate ataviche (peccato che non ci dica quali sono!) impresse nell’organismo in modo sorprendente, e negli uomini di Portoscuso ha trovato crani spiccatamente dolicocefali»(!) . Nientedimeno! Il Niceforo non vuole seguire in tutto ciecamente i maestri; perciò non accetta la classificazione chiara e semplice di Ferri dei fattori del delitto; non li divide in fattori fisici, biologici e sociali, ma parla di due fattori — il fattore individuale moltiplicato pel fattore di ambiente. Qualcuno potrà credere che nell’ambiente sia compreso il fattore fisico e quello sociale; ma del primo non c’è traccia nel libro e manca qualsiasi rapporto tra caldo, freddo, umido e pioggia etc, da un lato e delitti dall’altro; non e’ è alcun divertente calendario criminale.

Non c’è regione in Italia, che per tutti i dati antropometrici — indice cefalico, statura, colore della carnagione, degli occhi e dei capelli, altezza e strettezza della fronte, piccolezza e grandezza della bocca, forma del naso aquilino, arricciato o schiacciato, ampiezza del torace e pelli ricciuti o ondulati — presenti tanta uniformità di colorazione quanto la Sardegna, cui si accosta la Sicilia — con maggiore varietà di tinte — e tutto il mezzogiorno d’Italia. Questa uniformità dei caratteri del cranio e degli altri dati antropometrici venne risolutamente affermata dallo stesso Lombroso nel citato libro sull’Antisemitismo. Potrei ancora dilungarmi su questo tema e addurre nuovi fatti storici in favore di ciò che sostengo da tanti anni e in tanti scritti ma il già detto mi pare che basti a sfatare questo pregiudizio della razza; mi limiterò soltanto a ricordare che alla fine del secolo scorso la Lombardia e il Piemonte che oggi sono oggetto di ammirazione e di invidia, erano in condizioni morali assai diverse; i caratteri dei piemontesi sopratutto si avvicinavano maggiormente a quelli dei Sardi e dei Siciliani odierni. Il Tivaroni, infatti, li ricorda come gente parca, d’istinti selvaggi, manesca. La mendicità; egli soggiunge, era grandissimo e proporzionata solo al numero altrettanto grande lei banditi. La impronta morale della regione veniva completata dalla estrema ferocia penale. (L’Italia prima della rivoluzione francese). Per la “zona delinquente” il Niceforo lo esclude recisamente; egli ne ritiene la razza, che l’abita inadattabile, impossibile a progredire, e ad evolversi, e carattizzata, immersa in un passato, che non ha più ragione di esistere.

Questa la sua desolante conclusione; la quale se fosse giusta consiglierebbe l’uso del ferro e del fuoco per distruggerne gli abitanti. Ma la logica è fatale e suggerisce altrimenti: la razza maledetta, popola tutta la Sardegna, la Sicilia e il mezzogiorno d’Italia, ch’è tanto affine per la sua criminalità per le origini e pel suoi caratteri antropologici, dovrebbe essere trattata col ferro e col fuoco – condannata alla morte come le razze inferiori dell’Africa dell’Australia ecc. che i feroci e scellerati civilizzatori dell’Europa sistematicamente distruggono per rubarne le terre. Potremmo e dovremmo disperare della Sardegna e del mezzogiorno d’Italia se fosse provato che un governo onesto e intelligente per lunga serie di anni invano avesse fatto convergere i suoi sforzi al miglioramento di quelle contrade e di quelle razze maledette, fa l’Italia nuova — lo confessano tutti — finora nulla di bene per esse ha fatto, ma molto di male. Per avere scritto la verità sui costumi politici e morali de mezzogiorno fui fatto segno ad un inaudito, ignominioso tentativo di linciaggio entro l’aula stessa i Montecitorio. Ciò ricordo perché si sappia che il me non sono tenerezze morbose per il mio paese per i miei concittadini. Ma a loro dissi spesso paro! aspre e che mi facevano sanguinare il cuore peri desiderio ardente, immenso ch’è in me di vedere guariti dalla lebbra del delitto, dell’analfabetismo, della corruzione politica. La rampogna in apparenza crudele — come appare crudele al bambino il chirurgo che taglia sul vivo e caustica — partì dalle mie labbra per l’amore sincero che porto alle contrade natie, che vorrei vedere innalzate al livello della maggiore civiltà. Sferzai duramente, sferzai a sangue, perché ho fede antica e salda nella perfettibilità della mia razza, di governi previdenti e perseveranti in concorso con cittadini illuminati ed energici, potrebbero ricondurci all’antico splendore.

Questa fede mi farà continuare per la via battili sinora ma mi costringe in pari tempo alla protesi contro le stolte teorie dei superuomini e delle super razze, che segnalano la razza maledetta non alla progressiva trasformazione, ma alla distruzione!

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Presso l’università di Torino è attivo dal 1876 il Museo di antropologia criminale “Cesare Lombroso” da lui stesso fondato. La raccolta di questi materiali, spesso macabri, passò anche per appropriazioni legalmente condannabili, come confessa lo stesso Lombroso: “Il primo nucleo della collezione fu formato dall’esercito, avendovi vissuto parecchi anni come medico militare, prima del ’59 e poi nel ’66, ebbi campo di misurare craniologicamente migliaia di soldati e briganti eraccoglierne molti crani e cervelli. Lombroso teneva il  teschio di Giuseppe Villella, un presunto brigante, in bella vista sulla scrivania, come fermacarte.

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