La farsa dello sbarco a Marsala l’11 Maggio 1860

“Non una vela all’orizzonte”, 9 maggio. “Nessuna vela sull’orizzonte”, 10 maggio. Cosi scrive Cesare Abba. Le due navi, il Piemonte e il  Lombardo, hanno dunque lasciato Talamone e si si sono messe  “per l’alto mare aperto”. Il viaggio è tranquillo, sono soli. Soli? In quei due  giorni il mare tra la Sardegna e la Sicilia è più trafficato di un autostrada, o meglio, è in corso una gigantesca partita a scacchi. Cavour si è inventato che in Sicilia corrono voci di maltrattanti  a sudditi piemontesi e ha inviato la pirocorvetta Governolo, che è diretta a Palermo. Nel mare di Sardegna  incrociano altre  due navi da guerra, la Authion e  la Malfatano, nonché, tra Cagliari e Palermo, tre pirofregate, la Maria Adelaide, la Vittorio Emanuele  e la Carlo Alberto. E poi ci sono gli inglesi, ovviamente. In rada a Napoli c’è l’Hannibal, al comando dell’ammiraglio Rodney Mundy; a Marsala l’Argos e l’Intrepid e in rada c’è l’Amphion, comandata dal capitano Cokran. E i francesi? Anche loro danno un piccolo contributo: a Palermo staziona la nave da guerra  Vauban. Re Francesco schiera, fà pattugliare le coste con quattro navi da guerra, la Valoroso, la Stromboli, la Partenope e la Capri. Ma tutto è nelle  mani di un solo uomo, il brigadiere Francesco  Cossovich (ne avete mai sentito parlare nei gloriosi libri di storia?) il quale aveva il compito di intercettare il Piemonte e il Lombardo, le due navi che tutto il mondo  sapeva dove erano. L’alto ufficiale della Marina borbonica “si veste da burocrate  e scrive al luogotenente Castelcicala di avere “scarsi mezzi a disposizione per assolvere cos’importante mandato, sollecitando con urgenza di colmare le deplorate manchevolezze”. E cosi le navi borboniche accumularono un ingiustificato ritardo sulle due navi che portavano Garibaldi e la sua fortuna. Con Francesco Cossovich comincia la serie degli alti ufficiali borbonici messi sotto inchiesta per alto tradimento. Cossovich aderì alla marina italiana appena quattro mesi dopo lo sbarco di Garibaldi che non aveva impedito. Il ritardo “scientifico” provocato dal brigadiere Francesco Cossovich produce i suoi effetti. Le navi borboniche sono a distanza di “sicurezza”. Non potranno più impedire lo sbarco. Per “rassicurare i liberatori”, una nave commerciale inglese incrocia l’eroico convoglio.

Scrive Cesare Abba: “Un piccolo naviglio veniva da terra. Bandiera inglese”.

Che scopo ha questo incrocio? Da un lato di confermare ai mille che la strada è libera, dall’altro di  notificare a Torino che ormai lo sbarco è virtualmente cosa fatta. E se ne occupa personalmente Nino Bixio. Abba riporta le parole di Bixio: “Dite a Genova (non può dire Torino, ovviamente) che il Generale Garibaldi è sbarcato a Marsala oggi a un ‘ora pomeridiana”. Veramente non è ancora sbarcato, ma ormai è solo una questione di tempo. Perché  Marsala? Per due motivi: il primo, perché non è presidiata da truppe borboniche le quali, soffocata la rivolta del 7 Aprile dello stesso anno, hanno lasciato Marsala tra le acclamazioni della folla e i ringraziamenti  del sindaco della città che, dopo poche ore, si metterà a disposizione di Garibaldi. Il secondo motivo è che Marsala è virtualmente in mani inglesi ed i rapporti con il governo borbonico non sono certo idilliaci. Le navi  Argos e Intrepid, presidiano il porto. Su tanti, capannoni ed edifici garrisce l’Union Jack, la bandiera britannica e prenderla a cannonate, anche se per errore, non è una buona idea. Scrive Abba, al quale la cosa pare normale: “Su molte case sventolano bandiere di altre nazioni. Le più sono inglesi” e si chiede  stupito: “Che vuol  dire questo?” Al riparo degli inglesi, i “nostri” sbarcano senza problemi e solo dopo lo sbarco il comandante della spedizione napoletana,  Guglielmo Acton, che ha già in saccoccia i trenta denari, informa gli inglesi Ingram e Cossins che è costretto a fare fuoco sui ribelli. Gli inglesi acconsentono garbatamente, purché non si spari sulle loro bandiere, che, ricordo, sventolano ovunque. Unica vittima del cannoneggiamento di Acton risulterà essere un cane. Acton, altro traditore, fu poi sottoposto al consiglio di guerra. Passò con la marina sabauda il 7 Settembre 1860 e non si fece scrupolo di partecipare agli assedi di Ancona e Gaeta contro i suoi stessi ex commilitoni. Ovviamente un gentiluomo come lui non poteva che diventare senatore del regno d’Italia. Chiudiamo questa fase ‘cruciale’ dell’epopea riferendo dell’accoglienza che ricevettero i “liberatori”. C’era ad accoglierli meno gente di quanta ce ne la mattina a Marsala a fare la spesa. Scrive Abba: “La città non aveva capito nulla; ma la ragazzaglia era già venuta in turba”. E finalmente l’incontro tra i mille e l’esercito regolare. I Borbone? No, gli inglesi! Ecco ancora Abba: “Alle porte della città comparvero gli ufficiali di marina in calzoni bianchi e venivano giù al porto”. La testa di ponte piemontese per le successive spedizioni in Sicilia era operativa.

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