L’Ostro (dal latino Auster, vento australe) è il nome del vento che spira da sud; è anche detto vento di Mezzogiorno, è conosciuto anche col nome di “Noto” dall’omonimo personaggio della mitologia greca, figlio di Astreo e di Eos. Portava con sé caldo e pioggia, viveva nel profondo sud e possedeva un fiato talmente ardente che con esso bruciava intere città e vascelli. L’ostro è quindi un vento caldo e umido portatore di piogge. I suoi effetti sul clima italiano determinano il richiamo di aria calda da sud. Il vento del revisionismo, che fino a poco fa era un solo alito, inizia a ingrossarsi e stà iniziando a spirare. Venti anni e più ci sono voluti e grazie all’avvento del web siamo riusciti a raggiungere una discreta fetta di popolazione, che prima era relegata ad un’elite di persone per lo più appassionati e studiosi di storia che per cultura personale leggevano i libri di numerosi storici “non allineati”. Ma la verità quella vera, si rivela solo quando si rinuncia a tutte le idee preconcette. Vorrei precisare che noi dobbiamo dire la verità non solo per convincere quelli che non la conoscono, ma soprattutto per difendere quelli che la conoscono! La distorsione storica si è creata perché mettere in evidenza i lati oscuri e poco nobili del cosiddetto Risorgimento, poteva inficiare il fenomeno in sé, un mostro che si doveva fare a meno. Ma la verità si può ricercare da un dato incontestabile: l’enorme divario sociale ed economico tra Nord e Sud.
Un divario che è sempre di più aumentato e che ha raggiunto livelli intollerabili e inaccettabili.
La deindustrializzazione dell’ex Regno delle Due Sicilie, il saccheggio delle sue risorse finanziarie, la spietata repressione del brigantaggio, l’emigrazione forzata per milioni di persone, l’abbattimento di una dinastia illuminata con un’aggressione militare, gli oscuri accordi ed appoggi internazionali all’impresa piratesca di garibaldi, ecc., ecc. Una lotta sempre osteggiata dagli storici del regime che ad oggi non hanno mai voluto mollare la presa dalle sostanziali contraddizioni storiografiche. In realtà bisognava leccarsi ancora le ferite di una vera e propria guerra civile tra nord e sud e non tra austriaci ed italiani! Ma il sud italia, non era l’Austria, i napoletani non erano gli austriaci, cioè gli stranieri occupanti, feroci contro le popolazioni autoctone; ma una popolo italiano mite, governato da una dinastia italiana più dello stesso piemonte savoiardo! Per questo non si può trovare comprensione in quello che è stato fatto contro le popolazioni del sud per assoggettarle alla volontà del governo Piemontese. E’ solo questo il motivo di blindare la storia e di sottomettere un’intera popolazione alla sola verità del Nord. Molti anni sono passati dal “fatal 1860” ed una pacificazione era necessaria, ma non è mai arrivata. Lo stato unitario con il 150enario dell’unita (non unità) ha sprecato una grande occasione per chiedere scusa per i morti e le sofferenze provocate ad una popolazione inerme militarmente occupata, dove l’esercito piemontese fu ammaestrato ed addestrato agli eccidi sulla popolazione, a rappresaglie indiscriminate, al saccheggio, alla fucilazione sommaria dei contadini colti con le armi in mano o solamente sospettati, arresti di partigiani o solo sospettati di esserlo, fucilazioni, anche di parenti di essi, e stato d’assedio di interi paesi. Alcuni comandanti piemontesi emanarono, fra il 1861 e il 1862, bandi che i nazisti mai avrebbero sognato di applicare a popolazioni di origine germanica.
Naturalmente i piemontesi non erano italiani e si sentivano in diritto, contro tutte le convenzioni, e il diritto internazionale, di fare quel che volevano, di poter fucilare chiunque trasgrediva i molteplici divieti. Generali, colonnelli, maggiori e ufficiali che parteciparono a quelle repressioni dovevano sentirsi, in cuor loro, dei codardi. Diciamo semplicemente che erano dei criminali di guerra tanto è vero che ancora oggi, dopo 157 anni, nelle scuole non s’insegna la vera storia del Risorgimento piemontese che per il Sud, in realtà, fu vera colonizzazione e sterminio di massa.
Oro, danari e tutta la ricchezza fù depredata, ma non rimpiangiamo i beni materiali, ma la dignità e la libertà che furono tolte ai Meridionali i quali, coraggiosamente, preferirono andare a morire partigiani sui monti dell’ Appennino, piuttosto che veder calpestato il suolo della patria napoletana dalle “orde di assassjnj e ladroni del nord”, e quando il coraggio non fu più necessario a milioni espatriarono per trovare e fare la fortuna degli stati esteri che li ospitarono spesso come schiavi.
Nessun processo morale è mai stato celebrato contro i savoia, benso conte di cavour, garibaldi, bixio, cialdini, del giudice, de luca, fantoni, farini, fumel, la marmora, martini, pinelli, bianco, ecc.
Anzi molti questi sono stati eletti come eroi e padri della patria, quella patria matrigna che dove tutto ciò che era piemonte veniva glorificato e tutto ciò che era borbonico veniva additato al pubblico disprezzo. I militari piemontesi, gli azzurri sabaudi, in nove mesi trucidarono 8968 contadini, senza pietà; eseguivano ordini criminali ed i superiori davano loro facoltà di razzia e di saccheggio. Cominciarono ad incendiare paesi interi per incutere timore, paura e terrore. In poco tempo tutto il Sud insorse contro i nuovi invasori e pagò un prezzo altissimo in morti.
Scurcola fu devastata dai piemontesi e così Carbonara, Avigliano, Gioia del Colle e tante altre città furono bruciate ed i loro abitanti trucidati: Pontelandolfo, Casalduni, Venosa (patria d’Orazio), Barile, Monteverde, S. Marco, Rignano, Spinelli, Montefalcione, Auletta ed altre cento città. Mai conosceremo il numero dei contadini immolati, fucilati, trucidati. Il Piemonte massacrava un popolo, e ne distruggeva la sua economia, stava imponendo con la forza il nuovo ordine voluto dalla massoneria inglese. Antonio Gramsci, nato ad Ales in Sardegna ma originario di Gaeta, il cui nonno era , Don Gennaro Gramsci capitano della gendarmeria borbonica, parlando della questione meridionale ebbe a dire che: “.. .Lo Stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati tentarono di infamare con il marchio di briganti”. Queste sue considerazioni non furono mai accettate dal pci , e c’era una logica nella negazione della verità: “era necessario occultare e rimuovere l’eterodossia di Gramsci per poter affermare, nell’Italia postfascista, l’esistenza di una linea di continuità Gramsci-Togliatti che consolidasse la rappresentazione mitica e unitaria della storia del Pci”.
Ininterrotta fu la rottamazione del Sud, avviata nel 1860, per unificare l’Italia (ma in Parlamento, nel 1866, il capo del governo chiarì che avevano solo allargato il Piemonte). Prima l’arrivo di Garibaldi e i suoi (progetto inglese, la cui flotta militare protesse lo sbarco e affiancò l’impresa); seguiti da un via-vai di navi piemontesi e statunitensi che trasportavano soldati sabaudi in Sicilia: ufficialmente “disertori”, che svuotarono indisturbati gli arsenali militari; poi arrivò l’esercito piemontese propriamente detto, senza dichiarare guerra, e in circa dieci anni eliminò ogni resistenza (i “briganti”), con stati d’assedio, fucilazioni e arresti in massa, senza accusa né processo, fosse comuni e carceri ridotte a carnai (32mila, in un mese, nella sola Agrigento, denunciò Crispi), in cui le epidemie facevano stragi; deportazioni di decine di migliaia di persone, fra cui almeno 60mila soldati borbonici, campi di concentramento (ufficialmente di “rieducazione”: impararono a riconoscere il padrone); cittadine rase al suolo per rappresaglia, massacro della popolazione e donne stuprate, superstiti arsi vivi nelle case incendiate. Aspettiamo ancora le scuse che non verranno mai perché: appena annessi al resto d’Italia, i meridionali divennero incapaci di fare tutto quello che facevano prima e bene. Nacque un Paese che doveva produrre a Nord e consumare a Sud (la sola Fiat, dal 1975 a oggi, a vario titolo, ha preso più sovvenzioni pubbliche del Mezzogiorno). L’Italia appena unita stanziava soldi per le bonifiche: meno dell’1% della somma, al Sud (lo riferisce Nitti); il governo Renzi dei 4860 milioni di euro per le ferrovie, solo l’1,3 per cento da Firenze in giù (capito perché a Matera non è ancora arrivato il treno, dopo 156 anni?); l’Italia appena unita fa leggi in modo che le scuole si facciano a Nord e poco al Sud; il decreto sull’università (Letta) stabilisce che un ateneo è tanto “migliore”, e il suo “merito” premiato con ulteriori risorse, quanto più ricco è il territorio circostante e più soldi hanno i suoi studenti (è la condanna a morte per le università del Sud). Senza dimenticare che per il terremoto di Messina, nel 1908, l’Italia è l’ultima a far arrivare i soccorsi (dopo russi, inglesi, tedeschi…): mandando 10mila bersaglieri a fucilare sul posto i “presunti sciacalli” che rovistano fra le macerie e avviene una carneficina di superstiti che cercano di recuperare le loro cose o i corpi dei loro congiunti. Con il governo Monti, ministro all’Istruzione Francesco Profumo, i 112 milioni per e scuole terremotate (24mila e in gran parte al Sud) finiscono per un terzo alla sola Lombardia, il 97 % a Centro-Nord, il 3% al Sud; come (governo Letta) i fondi per combattere l’evasione scolastica, che ha record europei a Scampia e in alcuni quartieri di Palermo. Per abbuonare poi l’Ici a tutta Italia, Tremonti prese i soldi per porti e strade malmesse di Calabria e Sicilia e, in anni, sottrasse decine di miliardi al Mezzogiorno e li spese altrove. La Cassa per il Mezzogiorno, che non ebbe mai un presidente meridionale, fece strade, scuole, fognature, qualche diga, ma molto meno di quanto sia stato fatto nel resto del Paese, senza Cassa per il Non-Mezzogiorno. Si impegnò lo 0,5-0,7 del prodotto nazionale lordo, spiccioli. E sempre per non scusarsi ad oggi voltano la frittata: il ladro è il Sud e il derubato il Nord, unico caso al mondo e nella storia di furto continuato che arricchisce il derubato e impoverisce ladro (Pino Aprile). Al momento dell’Unità, il prodotto pro-capite era simile a Nord e Sud; da allora, quello del Sud non fa che diminuire e quello del Nord crescere. Oggi è al minimo storico, a livello di secondo dopoguerra, circa metà che a Nord, tanto che non si fanno manco più figli a Sud. La Questione meridionale è un progetto economico imposto con le armi e sostenuto dalla politica; figlia di volontà e interessi che hanno creato una colonia interna, nel Paese, secondo il sistema dilagato con la rivoluzione industriale, ora declinante e sostituita da quella informatica. Ma sapete perché il vento stà cambiando? Nonostante questo, i giovani meridionali non vogliono andar via, o addirittura tornano dopo essersi ben sistemati altrove, fanno miracoli, inventano lavori, economia che si regge sulle nuove tecnologie. E la verità che stà venendo a galla puzza troppo per dire che è profumo. Il vento del cambiamento lo abbiamo sentito con le ultime elezioni politiche dove l’intera popolazione dell’ex Regno ha votato compatta per un rinnovamento, nonostante fosse radicato in essa la politica di sinistra. Certo che i taliani hanno subito gettato fango dicendo che il voto è legato al reddito di cittadinanza ventilato dal movimento, ma il meridionale non è più il contadino credulone del 1860, come crede l’italiota, anche perché non lo fu nemmeno dopo la pseudo unità quando povero, lacero ed ignorante diede filo da torcere ad un’intero esercito, scatenando una vera e propria guerra civile. Attenti bugiardi perche l’Ostro può produrre molti danni!
avevo una raccolta decennale di giornali Storia me li portava un generale che aveva fatto la guerra in Russia e aveva perso le gambe, Questo blog è assolutamente prezioso.
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