L’Esercito volontario per l’indipendenza della Sicilia (EVIS), in siciliano Esèrcitu vuluntariu pâ nnipinnenza dâ Sicilia, fu una formazione paramilitare clandestina, creata da Antonio Canepa (conosciuto con lo pseudonimo Mario Turri), che ne fu il primo comandante, nel febbraio del 1945. Rappresentò la formazione armata separatista fiancheggiatrice del Movimento Indipendentista Siciliano (MIS).
Si prefiggeva il sabotaggio del governo italiano con azioni di guerriglia, e di imprimere al processo indipendentista siciliano una soluzione repubblicana. Nel novembre del 1944, durante il primo congresso del Movimento Indipendentista Siciliano che si celebrò a Taormina, venne presa la decisione di utilizzare anche la lotta armata clandestina, anche sulla scorta di fatti di sangue, come ad esempio la strage del pane, avvenuta a Palermo nell’ottobre precedente. L’EVIS nacque così nel febbraio 1945 a Catania, su impulso di Antonio Canepa, come gruppo di lotta armata, ma anche primo nucleo di quello che sarebbe dovuto diventare l’esercito regolare di una futura Repubblica Siciliana. La sua costituzione, essendo clandestina, non verrà ufficialmente riconosciuta dal MIS. Organizzato in gruppi, inizialmente formato da circa cinquanta giovani; si riuniva e operava in clandestinità. Il modello applicato era quello dell’Esercito popolare di liberazione dei partigiani jugoslavi, ma Canepa, purtroppo non ne ebbe il tempo di organizzarsi, perché morì un paio di mesi dopo.
Infatti insieme a cinque compagni, fu intercettato il 17 giugno del 1945 da una pattuglia di tre carabinieri in contrada Murazzo Rotto vicino Randazzo (CT) e fu ucciso in un conflitto a fuoco insieme con altri due militanti, in circostanze non del tutto chiare e ancora oggi al centro di un dibattito scaturito dalle interpretazioni delle diverse versioni dei verbali ufficiali. Insieme a lui morirono il braccio destro, Carmelo Rosano di 22 anni, e Giuseppe Lo Giudice, di 18 anni. Una pattuglia composta dal carabiniere Calabrese, dal vicebrigadiere Cicciò e comandata dal maresciallo Rizzotto, intimò l’alt al mezzo che non si fermò. Nella sparatoria – conclusa con l’esplosione di una bomba a mano – Lo Giudice morì sul colpo, Rosano e Canepa, in ospedale. Nando Romano sarebbe riuscito a sopravvivere, Antonino Velis e Pippo Amato, fuggirono nelle campagne circostanti. Secondo recenti studi si fa strada l’idea che nell’omicidio del leader dell’EVIS vi sia la mano combinata di servizi segreti internazionali perché gli accordi di Yalta avevano già stabilito che la Sicilia dovesse far parte dell’Italia pertanto era necessario neutralizzare i focolai separatisti. Con la sua morte, l’EVIS subì uno sbandamento. Il comando fu affidato brevemente a un altro leader del Mis, Attilio Castrogiovanni, e dopo il suo arresto, a Concetto Gallo (pseudonimo Secondo Turri o Turri II). Gallo, con i vertici del Mis, sia i separatisti catanesi come Andrea Finocchiaro Aprile, legati ai nobili Guglielmo e Ernesto Paternò Castello di Carcaci e Paternò Castello – Marchese di San Giuliano, sia dell’ala palermitana, dove emergevano il barone Lucio Tasca Bordonaro d’Almerita, il barone Stefano La Motta di Monserrato e il principe Giovanni Alliata Di Montereale, avallarono nell’agosto 1945 l’alleanza con Salvatore Giuliano, che fu nominato tenente colonnello dell’Evis. Contemporaneamente partecipò anche Calogero Vizzini, capo della cosca mafiosa di Villalba, il quale assoldò la banda dei “Niscemesi”, guidata dal bandito Rosario Avila, che incominciò la guerriglia compiendo imboscate contro le locali pattuglie dei Carabinieri.In realtà dopo la morte di Canepa al posto dell’EVIS fu fondata la GRIS (Gioventù Rivoluzionaria per l’Indipendenza della Sicilia) ma i documenti ufficiali indicano genericamente EVIS le formazioni paramilitari separatiste. Il 29 dicembre 1945 nelle montagne intorno a Caltagirone ci fu l’ultimo scontro a fuoco, detto Battaglia di San Mauro, tra circa 60 militanti evisti e i reali carabinieri insieme con militari della divisione Sabauda, che provocò 58 morti tra gli indipendentisti e 2 morti tra i militari italiani, tra cui un carabiniere. Circa 3.000 uomini, comandati dal generale Fiumara dotate di mezzi e di armi pesanti. Un evento che ebbe riconoscimento politico anche in campo internazionale.
La battaglia si protrasse dalle 9,30 del mattino fino al tardo pomeriggio e si concluse dopo che Concetto Gallo fece defilare tutti i suoi uomini attraverso sentieri inaccessibili con lo scopo di restare solo ad affrontare, con il suo suicidio, la resa finale. Contravvenendo agli ordini dello stesso Gallo, due giovani “evisti”, Giuseppe La Mela e Amedeo Bonì, restarono al fianco del loro comandante fino alla fine, rappresentata dalla cattura. Mentre il suicidio, tentato, non era riuscito.Il giovane palermitano Raffaele Di Liberto ferito gravemente perse la vita dopo un lungo e vano peregrinaggio da un posto all’altro in cerca di soccorso. Al di là del coraggio e del valore dei combattenti siciliani, la battaglia, fù una sconfitta per l’Evis ma dal punto di vista politico e storico fu, invece, una grande vittoria anche per la risonanza e il riconoscimento riscossi in campo internazionale.
E le azioni di guerriglia continuarono, al punto tale da indurre il governo italiano ad aprire una trattativa con i dirigenti del Separatismo Siciliano, fra i quali Antonino Varvaro e Andrea Finocchiaro Aprile che, con Francesco Restuccia, erano stati internati nell’isola di Ponza. Così fra i rappresentanti del separatismo armato e i rappresentanti del governo italiano, furono tracciati i contenuti dello Statuto Siciliano redatto per le vie istituzionali e successivamente, legittimato formalmente con specifico decreto legislativo, dal Re d’Italia Umberto II e da tutti i componenti del governo italiano in data 15 maggio 1946. Dal gennaio 1946 le ultime formazioni eviste furono di fatto sciolte e concessa l’autonomia speciale alla Sicilia, e gli evisti in carcere furono amnistiati e liberati. Giuliano invece, rifiutò di deporre le armi e continuò con la sua banda, per quattro anni, gli scontri sia con le forze dell’ordine.
Oggi quei valorosi combattenti sono stati dimenticati e quel sangue versato per ottenere uno Statuto speciale è stato vano perchè in effetti lo statuto non è mai stato integralmente applicato. Una vanificazione concreta della specialità che lo caratterizza, nonché il tradimento unilaterale del patto, in forza del quale era stata abbandonata, da parte separatista, la lotta armata per l’indipendenza della Sicilia. Così anche la Sicilia come tutto il sud è stato totalmente asservito agli interessi del Nord-Italia. Un asservimento ininterrotto dal 1860.
Ascarismo, corruzione e antisicilianismo della quasi totalità dei partiti e degli uomini che hanno governato la Sicilia da quel 15 maggio 1946 fino a oggi. Così la Sicilia come tutto il sud è ancora oggi, di fatto, una colonia interna dello Stato Italiano.




Nell’aprile 1947 fu eletto deputato all’Assemblea regionale siciliana. Nel 1951 si ricandidò con il MIS all’Ars ma non fu rieletto.

