Una vera e propria deportazione di civili taciuta ed oscurata nel sordo rumore di centosessantanni anni di silenzi. Domicili coatti, come per i prigionieri politici, ai civili meridionali nell’unità d’Italia, che con le teorie di Cesare Lombroso, assunse connotazione razziale, una triste realtà dei fratelli d’italia. Uomini e donne deportati per Decreto Regio, ma mai giudicati da alcun tribunale. Misure coercitive cruente, a scopo repressivo, firmate da Ubaldino Peruzzi durante il governo Minghetti.
Il 25 agosto 1863, con la pubblicazione del Regolamento d’Attuazione della legge Pica, il governo Minghetti e il ministro dell’Interno Ubaldino Peruzzi nominarono Silvio Spaventa segretario generale e iniziarono la deportazione di civili dalle province del meridione. Migliaia di persone nascoste e dimenticate, da oltre un secolo attendono un ritorno alla luce, attendono di riavere una identità ed un riconoscimento dal degrado della vita umana relegata al domicilio coatto. Migliaia di uomini negati dalla storia, nascosti e coperti da 158 anni, uomini che attendono il riscatto della dignità di esistiti. Migliaia di persone attendono dal purgatorio dove sono state gettate una forma simbolica di rivalsa per la barbarie subita. Il 20 agosto 2013 la cancelliera Angela Merkel visitando l’ex campo di concentramento di Dachau dove fra il 1933 e il 1945 vi furono internati oltre 200.000 detenuti, di cui quasi un quarto morirono, ha dichiarato: “La memoria di questi destini mi riempie di profondo dolore e vergogna”.
Quel sentimento civile della vergogna in senso morale che la politica italiana non ha mai avuto. Nessuno dei governanti italiani ha mai rivolto parole in memoria delle migliaia di deportati dai governi del regno. Nessuna parola dei presidenti della repubblica italiana di riconoscimento morale per migliaia di deportati, al contrario nel 2010 lo stato italiano ha speso 4 miliardi di euro per celebrare il 150° dell’unità. Si è celebrato con tutti gli onori i risorgimentali che alla guida del paese furono responsabili della deportazione politica, e che oggi la propaganda li dà per fondatori della patria. Lo stato italiano, in nome dell’unità, ha così festeggiato la guerra civile e gli eccidi dell’esercito ordinata dai governi unitari contro le popolazioni civili delle province meridionali. Fu la deportazione politica di massa del Regno, fu un massiccio confino politico sin dal 1863 perchè furono confinati gli avversari fiancheggiatori, “reagenti” al nuovo regime. E’ l’agire politico a livello di esecutivo, del governo, che produsse il confino coatto e tutte le conseguenze che ne derivarono, le tante iniziative per la deportazione all’estero e infine l’emigrazione, i deportati non avevano una tessera o una fede politica di partito. È urgente chiedersi perché hanno taciuto, e cosa aspettarsi dalle generazioni di governanti italiani che hanno coperto la vergogna e l’infamia della deportazione di civili messa in atto 70 anni prima della deportazione razziale tedesca. Lo stato italiano, in nome dell’unità, festeggia la guerra civile e gli eccidi dell’esercito ordinata dai governi unitari contro le popolazioni civili delle province meridionali? Perché la politica, le istituzioni, i governi italiani da più di 150 anni continuano a coprire con il segreto i documenti dell’epoca, non vogliono ammettere l’immane tragedia, il crimine contro l’uomo di una intera classe politica e militare che deportò al domicilio coatto nelle isole di tutti gli arcipelaghi, nelle carceri, nei forti, negli edifici ecclesiasti requisiti, negli stanzoni e nelle case prese in affitto da privati migliaia di civili inermi? Perché i governi usarono una parte dei deportati come schiavi per le miniere, per le saline, per i campi di coltivazione delle manifatture tabacchi o di privati? Schiavi di stato, purtroppo è così. Una parte dei 150.000 documenti segretati erano sotto gli occhi di tutti, bastava cercare negli archivi. Ma si sa gli storici sono allergici alla polvere degli archivi. Al lettore, al cittadino italiano, spetta il giudizio sulla politica e le istituzioni passate e le attuali da cui discendono e che in diverse forme governano da oltre 150 anni. Gli storici salariati italiani non vogliono ammettere l’immane tragedia, il crimine contro l’uomo di una intera classe politica e militare. E’ urgente pretendere la verità dai governi, e sui documenti taciuti, oscurati negati, urge conoscere vicende storiche gravi e drammatiche che videro protagonisti i governanti post unitari e tutti i governanti succeduti. Urge abbandonare la retorica statalista che ha deportato i nostri avi, pretendere verità dai governi, urge studiare i documenti dell’epoca e conoscere i fatti reali, urge conoscere vicende storiche gravi e drammatiche che videro protagonisti i governanti post unitari, urge raccontare gli accadimenti così come si sono verificati, senza avere più timore di soffermarsi su episodi che possono apparire spiacevoli o discutibili. E’ questa la forza di un paese, di una democrazia che vuole essere compiuta.
Una parte della verità storica è emersa grazie ai nuovi studi sul risorgimento del ricercatore indipendente Loreto Giovannone. Ora capiamo le fondamenta distorte su cui è nata l’unità italiana. Capiamo pure perchè solerti e gonfi cattedratici continuano a nascondere questa vergona nazionale dove tutti hanno taciuto. Finalmente è emerso il ruolo di Silvio Spaventa (zio di Benedetto Croce) nei fatti storici unitari.
Castellammare fu teatro di esecuzioni e deportazione, ci sono le prove. C’è Teresina Crocco sorella di Carmine Crocco insieme ad altre donne, c’è Luigia Cannalonga la madre del Brigante Tranchella, di Giffoni Vallepiana, c’è Stabile Teresa con i suoi due bambini… Pubblicate le prime 10 pagine dei nomi di deportati del Risorgimento. Migliaia di deportati, uomini, donne, bambini, lattanti nei lager degli arcipelaghi e nella terraferma. Dal rapporto del Delegato Gallo: coatti messi ai ferri come galeotti. Esisteva un vero e proprio regolamento per la deportazione ai luoghi di relegazione. Lo stato monarchico italiano, li mise in atto deportando migliaia di individui. Finalborgo, in provincia di Savona, divenne CITTÀ CARCERARIA: l’ex convento di Santa Caterina, Castel San Giovanni e Castelfranco a Finalmarina si trasformarono in luoghi di detenzione e case di lavoro. Tra i primi internati vi furono i deportati dall’ex Regno delle Due Sicilie, secondo le disposizioni della Legge Pica sulla repressione del brigantaggio, di pari passo al crescente arrivo di prigionieri destinati a “domicilio coatto” soprattutto a Finalmarina. Dai documenti emergono i nomi di 600 donne, deportate all’isola del Giglio, quasi tutte in età fertile, deportate per sradicarne il senso di appartenenza ad una terra, ad una comunità, cancellandole come persone e traslocandole come individui con i loro bambini e i loro lattanti.
Il Giglio è nel nostro immaginario il tragico naufragio del Risorgimento e di un paese naufragato sin dall’inizio dell’unità.


