Un Paese nato dai Complotti

Depistaggi, infiltrati, attentati, complotti, miti e leggende: l’Italia è una repubblica fondata sui servizi segreti. Servizi italiani o stranieri non importa. Da tempo immemore – ben prima che fosse una Repubblica. Il buon Camillo Benso Conte di Cavour faceva un uso spropositato di “black op” (“black, operation”, operazioni coperte), come le si chiamano oggi, per realizzare i propri scopi politici.
Giovanni Fasanella, storico cronista dell’Unità a Torino e autore di una trentina di libri, ha ricostruito la vicenda di tale Curletti, capo dei servizi sabaudi preunitari, nel libro Italia Oscura. Dal Risorgimento alla Grande Guerra, la storia che non c’è sui libri di storia. Citando documenti e memoriali ritrovati nell’archivio storico della Difesa ha ricostruito gli spostamento del Curletti che, a quanto pare, scorrazzava per borghi e città dell’Italia risorgimentale ad alimentare moti carbonari, spargere foglietti di propaganda, organizzare brogli nei plebisciti e alimentare bande di criminali per destabilizzare gli ordini costituiti. Un perfetto agente provocatore.                                  Il ruolo del capo della polizia segreta di Cavour, tale Curletti, che ha alimentato moti carbonari, brogli elettorali, bande criminali per destabilizzare l’Italia pre-unitaria e creare voglia di Risorgimento. Lo scopo era chiaro. I mandanti occulti un po’ meno. C’erano interessi della Corona – scrive Fasanella. Non i Savoia, non solo, bensì sua Maestà d’Inghilterra. Che aveva tutto l’interesse a fare dell’Italia uno Stato unitario. Perché? Perché con l’apertura del canale di Suez (1871) serviva una “piattaforma” nel Mediterraneo per mantenere un ruolo egemone nel commercio internazionale. Serviva il meridione. Ed è così che corsi e ricorsi cominciano a dipanarsi: dove abitò Mazzini per lungo tempo? A Londra. Dove sbarcò Garibaldi in Sicilia? A Marsala, dove i britannici schieravano una flotta a largo delle coste e dove nutrivano interessi in due settori chiave dell’economia siciliana: vino e zolfo. Grazie a un paziente lavoro d’archivio e in virtù di una legislazione, quella britannica, che consente già di avere accesso ai documenti classificati confidential, secret, top secret conservati negli archivi di stato di Ken Gardens, nei pressi di Londra, è oggi possibile disporre di un quadro assai interessante (e intrigante) della strategia messa in campo dalla Gran Bretagna verso l’Italia fino alla fine degli anni ’70.  Quella tra il Regno delle Due Sicilie, prima e l’italia dopo, contro la Gran Bretagna per il controllo del Mediterraneo e delle rotte petrolifere verso il Nord Africa e il Medio Oriente, fù una guerra segreta, perché combattuta con mezzi non convenzionali tra nazioni amiche e, per una lunga fase della loro storia, persino alleate. Invisibile e impercettibile, ma non meno dura delle altre». Una guerra non combattuta, quindi, con le armi tradizionali, ma con una intensa attività di intelligence e della diplomazia britannica con l’obiettivo di orientare e manipolare l’opinione pubblica italiana e condizionare i partiti di governo (e non solo) al fine di tutelare gli interessi strategici del Regno Unito. Un condizionamento così intenso da offuscare, in alcune fasi, addirittura l’arcinota influenza nelle vicende interne italiane degli stessi Stati Uniti. Nel secondo dopoguerra, hanno sempre riservato un’attenzione particolare per l’Italia in ragione della sua posizione strategica di confine con le propaggini dell’Impero sovietico e quindi della lotta al comunismo, per la Gran Bretagna le motivazioni dell’interesse per il nostro Paese sarebbero andate al di là delle pur importanti questioni di equilibri internazionali e avrebbero sconfinato nella difesa degli interessi nazionali, con particolare riguardo alle questioni dello sfruttamento del petrolio. «In molte parti del mondo – si legge in un rapporto del ministero dell’Energia britannico dell’agosto 1962 – la minaccia dell’Eni si sviluppa nell’infondere una sfiducia latente nei confronti delle compagnie petrolifere occidentali […] a scapito degli investimenti e degli scambi delle imprese britanniche». Per gli inglesi, l’Italia, paese uscito sconfitto nel 1945, non avrebbe avuto alcun titolo ad esercitare un’autonoma politica estera nel bacino del Mediterraneo e in Medio Oriente. Una prerogativa che gli inglesi rivendicavano per loro, come contropartita sia per la nascita di uno stato unitario che per la vittoria nella seconda guerra mondiale.  Ciò portò ad una «guerra senza quartiere a quella parte della classe dirigente italiana cosiddetta “sovranista” – i De Gasperi, i Mattei e i Moro, solo per citarne alcuni esponenti – che mal sopportavano il ruolo del “protettorato” britannico che, in nome dell’interesse nazionale italiano, “disturbava” Londra proprio nelle aree più strategiche, a cominciare da quelle petrolifere in Iran, Iraq, Egitto e Libia». Dai documenti inglesi, emergerebbe, infatti, un interventismo nella politica italiana che si sarebbe spinto fino ad autorizzare black operations per intralciare sia i rapporti tra l’Italia e il mondo arabo sia l’ingresso dei comunisti nell’area di governo negli anni settanta. Francesco Cossiga, ministro dell’Interno all’epoca del caso Moro e poi Presidente della Repubblica, disse: «Io non mi meraviglierei […] se un giorno si scoprisse che anche spezzoni di paesi alleati […] avessero potuto avere interesse a mantenere alta la tensione in Italia […]       E quindi a tenere basso il profilo geopolitico del nostro Paese».

download (2)           Il potere anglosassone che volle l’Unità d’Italia, potere dominante che fu britannico dal 1848 fino alla fine della seconda guerra mondiale per poi passare all’altro potentato anglofono ossia agli USA post WWII. L’Unità d’Italia, fu uno strumento per inserire nel calderone continentale un ulteriore attore in Europa – allieneato di fatto agli UK, vedasi la storia passata e recente, con il fine di depotenziare Francia e Germania a vantaggio inglese. Il trucco funzionò anche grazie a Napoleone III che, da filo anglosassone quale era, di fatto avallò il piano fino a farlo apparire sedimentato. Una interpretazione che mette l’accento su una guerra di conquista” sistematica e spietata rivolta contro il Sud e la sua popolazione che versava in condizioni tutt’altro che segnate dal disagio e dall’arretratezza. . Fu genocidio. Centinaia di italiani del Sud uccisi, incarcerati, deportati, torturati e derubati.

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