Domenico era uno dei numerosi braccianti poveri della Calabria ottocentesca. La sua vita prese una piega inaspettata quando, nel 1847, appena sedicenne finì coinvolto in un’ aggressione fisica ai danni di un galantuomo di Rossano Calabro, alla prepotenza del quale il giovane Domenico si era ribellato. Per sfuggire all’arresto lo Straface si rifugiò tra i boschi della Sila, aggregandosi alla banda Faccione. In questo periodo, probabilmente, gli venne dato il soprannome di “Palma”. Qualche anno dopo fondò una banda propria, composta da dodici compagni fidati che egli sceglieva personalmente. Il “suo” territorio si estendeva dalla Sila alla costa jonica, senza farsi mancare qualche incursione nella vicina Basilicata. Era considerato un brigante gentiluomo, un eroe-contadino che ruba ai ricchi per dare ai poveri, amato dal popolino che lo proteggeva e benediceva, arrivando persino a far celebrare delle messe per invocare su di lui la protezione divina. È Vincenzo Padula, che dalle pagine del suo giornale Il Bruzio, stampato a Cosenza tra il 1864 e il 1865, a narrare le gesta del brigante.